Sant’Ambrogio vescovo e dottore

Sant’Ambrogio vescovo e dottore

titolare della Chiesa di Fiera in Treviso

La chiesa di Sant’Ambrogio di Fiera è una delle due chiese della diocesi di Treviso che portano il nome dell’illustre vescovo di Milano.
La sua fondazione è antichissima: risale al Medioevo, all’epoca delle crociate e delle aspre lotte tra i nascenti Comuni e l’imperatore Federico Barbarossa. Il primo documento che ne attesta l’esistenza porta la data del 1179. Lo conosciamo attraverso un insigne erudito trevigiano del Settecento, il canonico Rambaldo degli Azzoni Avogaro.
Quel documento è un atto di donazione redatto, come si legge nel testo, «in Ecclesia Sancti Ambrosii de Portu». La chiesa – certamente una modesta chiesa suburbana – sorgeva dunque presso l’antico porto fluviale di Treviso, che non era solo uno scalo per i traffici commerciali tra Venezia e la terraferma, ma anche luogo di imbarco di soldati o pellegrini che, attraverso le rotte veneziane per il Medio Oriente, si recavano in Terrasanta.
Chi aveva disposto la costruzione di quella chiesa e la sua dedicazione al santo patrono di Milano? Certamente il vescovo di Treviso il quale – come si evince da un documento del 1294 – riscuoteva ogni anno un canone d’affitto dall’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani (i futuri Cavalieri di Malta) a cui la chiesa fin dall’origine era stata concessa in uso.
Non è noto il nome del vescovo che volle l’erezione della chiesa. Ci piace tuttavia supporre che possa trattarsi di Olderico III, vescovo di Treviso dal 1157 al 1179. Tra questo vescovo e la città di Milano c’era infatti un sicuro legame quanto meno ideale. Fu lui che incoraggiò l’adesione del Comune di Treviso alla Lega Lombarda contro il Barbarossa, dopo che questi nel 1162 aveva distrutto la città di sant’Ambrogio per riportarla sotto la sua autorità.
Tra il porto di Treviso e la chiesa di Sant’Ambrogio esisteva un’antica fiera o mercato annuale che raggiunse in fretta dimensioni e importanza notevolissime, tanto che il Comune doveva emanare apposite disposizioni che ne regolassero la durata e lo svolgimento. La fama di quella fiera divenne tale da far modificare con il tempo la stessa denominazione della chiesa che, se all’inizio si chiamava «Ecclesia Sancti Ambrosii de Portu», divenne in seguito «Ecclesia Sancti Ambrosii Nundinarum» o «de Nundinis», vale a dire «Chiesa di Sant’Ambrogio della Fiera», espressione che corrisponde esattamente a quella attuale. All’inizio del Settecento cambiò anche l’edificio sacro, interamente ricostruito su disegno dell’architetto Matteo Pagnossin. Ciò che invece non cambiò mai è il santo patrono, Ambrogio, che vediamo campeggiare solenne e ieratico nella pala dell’altar maggiore, eseguita già per la chiesa primitiva dal trevigiano Bartolomeo Orioli nel 1610.
Da oltre otto secoli, dunque, la chiesa di Fiera porta il nome del vescovo di Milano, uno dei quattro grandi dottori e padri della Chiesa d’Occidente, uomo-chiave nel passaggio dall’antichità al Medioevo. Il XVI centenario della sua morte ci offre l’opportunità (e allo stesso tempo ci impone il dovere) di rievocarne la figura, sia pure in modo rapido e non certo esauriente.
Il presente lavoro, che ha carattere soprattutto divulgativo, intende favorire un primo approccio a questo personaggio, illustre ma a molti praticamente sconosciuto: un uomo che a distanza di sedici secoli continua a sorprendere e ad affascinare.

Paolo Pozzobon

Sant’Ambrogio di Fiera, novembre 1997

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